L’accordo tra Vivendi e Mediaset potrebbe riguardare tre livelli. Il primo livello sarà la costituzione di una piattaforma per la distribuzione dei contenuti: dunque la via europea per contrastare Netflix. Il progetto anti-Netflix (anticipato dal Sole 24 Ore lo scorso 10 marzo) che starebbero studiando Vivendi e Mediaset sotto la regia dell’imprenditore franco tunisino Tarak Ben Ammar prevede infatti una piattaforma comune partecipata da entrambi e aperta ad altri soggetti, magari anche alle major Usa. Il pericolo del resto è serio: non solo per i gruppi media come Vivendi e Mediaset,ma per i colossi di Hollywood stessi. Netflix, da puro distributore di contenuti, potrebbe diventare produttore. Investirà infatti 6 miliardi di dollari all’anno in contenuti: a Cannes, nell’ultima edizione del Festival, i suoi manager sono stati visti a colloquio con attori e registi. Netflix ha tanti soldi, ma non solo: è un multiplex che può garantire ai registi – grazie alla sua piattaforma e al suo brand – 100 milioni di spettatori. Molti registi e attori lo seguiranno. Ecco allora il secondo livello dell’accordo tra Vivendi e Mediaset. In Europa Vivendi potrebbe essere un ostacolo alla sua strategia di conquista: il gruppo francese ha incaricato Tarak Ben Ammar, che conosce i grandi registi (da George Lucas a Steven Spielberg avendo partecipato alla produzione di Guerre Stellari) e le major di Hollywood (Universal, Fox, Sony), di fare fronte comune contro Netflix. Vivendi ha 8 miliardi in cassa ma ha bisogno di alleati come Mediaset per produrre contenuti esclusivi. Resta infine il terzo livello: l’accordo sulle pay tv. Canal+ sul fronte Vivendi e Mediaset Premium. Le due tv a pagamento potrebbero sposarsi per costituire un polo unico in Europa. In questo modo Cologno potrebbe trovare un nuovo riassetto per la sua piattaforma pay, che finora è costata molto ma non ha ancora generato utili.
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